Silvio Aman : Armide

Silvio Aman : Armide

Interno Poesia, 2023

Prefazione di Silvio Raffo : Nei giardini dell’estasi

 

 Armide, la recente pubblicazione di Silvio Aman, ci offre testi poetici in cui il ricercato pensiero immaginale, l’originale talento per la coltura degli incontri e del mondo risolti in piccoli cosmi di accadimenti – taluni simili ad apparizioni – circonfusi di magico, di variazioni sulla malìa, e gli incantamenti che derivano dalla vicinanza con il femminile declinano la loro intensità dalla significazione della parola affinata alla luce dell’immaginario trasfigurante l’immanenza del quotidiano nella elevazione verso il sublime quale approdo che non è dato raggiungere, ma resta meta ambita colma di aure ideali.

 

     Alla presenza di tale cifra stilistica, dell’evidenza che i nutrimenti psichici realizzano l’unità di forma e contenuto, si smette di chiedere, dubitosi, se poesia sia ancora tra noi, se ancora indossi le vesti sontuose di antica dignità, frequenti la prosodia che sollecita il poeta alla frequentazione di innamorato studio musicale della parola nel verso, dello sposalizio magistrale delle parole per il quale è possibile percepire che armonia è avverabile, non resta magnifica vox clamans, che esiste una misura vitruviana nella scrittura; e sarebbe cosa giusta accostarla, frequentarla poiché la sensazione di partecipare al bello, sollevandosi dal delirio della bassura, grazia il lettore di poesia : colei che, intrigata di mondo, arrischiata lo modella, scolpito, rifinito, in visioni di oltre–mondo, persino di sovramondo.

     Nei versi di Silvio Aman, poesia accade e consiste: vessillo orifiammato, ci significa che i campi del reale pullulano di presenze, di nomi, di prossimità tangibili labili evanescenti, eppure intessuti di modulazioni di senso capaci di volgere in «origini di mistero» ciò che prima appariva consueto, sereno, aggraziato : in una teoria di nomi affini a «le specie belle e scelte» rivelatori della devozione – non solo quale espressione di gratitudine, ma anche di una particolare forma mentis ultravioletta – emerge la finezza desueta dell’intelletto cortese il cui oscuramento o perdita comporta lo svilimento dell’umanità, la cessione della parola sonante, lirica agli accenti ordinari, pregni di pensiero opaco che resta fissato in basso.

 

Per la complessità di Armide – il cui plurale induce il lettore attento a cogliere quanto di classico affiora nel versificare e nel custodire nelle acque psichiche figure immaganti ora di ninfe, ora di muse –; per il verso che s’appropria della vaghezza delle esistenze, della percezione di soave fuggevolezza delle circostanze, della fascinazione crudele del tempo; per l’elevarsi oltre la finitezza e il frangersi contro le sponde dell’essere che in questo procedere verso rive di rarefazione invera gli accordi di quel je–ne–sais–quoi, segno costante nella poetica di Silvio Aman, segnacolo cesellato da lessico raffinato e inconsueto, possiamo portare a testimonianza quanto scrive Roberto Calasso in La follia che viene dalle Ninfe:

 

«...Apollo ricevette dalle Ninfe il dono “noeron hydaton”, delle “acque mentali”. Qui finalmente si nomina “the stuff Nymphs are made of”. Ninfa è dunque la materia mentale che fa agire e subisce l’incantamento, qualcosa di molto affine a ciò che gli alchimisti chiameranno “prima materia” e che ancora risuona in Paracelso, là dove parla di “nymphidica natura”...»

 

La citazione ci soccorre nell’illustrare il pensiero immaginativo che ispira, genera, sostiene l’opera tutta di Silvio Aman, in particolare questa ineludibile, necessaria silloge il cui formato piccolo invita e accentra l’attenzione del lettore: quello conoscitore della produzione del poeta, quello neofita che avvicina la scrittura magistrale, desidera scoprirne i territori, che nel poeta sono acri di malìe, graziosa alterità, cantica di «oltre il senso» che si avvale di un originale linguaggio sottilmente sofisticato, costruttore di ponti semantici che legano il reale a metafore illustranti l’esistenza di una ontologia estetica oggi inusuale, appannaggio esclusivo dei poeti “imperdonabili”, inattuali, per cui siamo convocati a considerare, decifrare la natura della poesia nella sua veste di pensiero poetante o di poesia pensante.

 

Adriana Gloria Marigo

Luino, 28 Settembre 2023

 

Origini

Se torno mai saziato a quei giardini,

invano ormai al loro primo sguardo

(ricordo, noi eravamo dei bambini)

io sento delle origini il mistero,

 

qualcosa che s’imprime

in me disperso e solo oltre i cancelli

tatuato da quei volti in strane rime

di cui l’amica ammira l’atmosfera,

 

sebbene con l’impulso che mi duole

io la disturbi e torni poi a sorridere.

Dire di più, togliendo il passo lieve,

il nostro bel passeggio non lo vuole.

 

 

 

Cuna d’acqua

Col tuo giubbino a fiori gialli e blu

ti eclissi e riscompari sfarfallante

e più non so se sei visione o corpo,

ma stanchi ormai – oppure in nostalgia

 

nel sogno di svanire in queste piante –

fissiamo in clic riflessi quasi uguali

i nostri due ritratti pensierosi,

l’ondeggio dai colori vegetali.

 

E forse perché fatti per tacere

ciò che la voce affretta così invano

ci sembra di smarrire anche il volere,

attratti, è vero, e al tempo stesso estranei.

 

 

 

Le livre-jardin

Ti afferra all’improvviso il fosco oblio,

l’immettersi dell’altro in forma astrusa…

è quando non sai più restar da sola

racchiusa nel giardino impaginato,

 

l’ellisse che tu curi lungo i viali

offesa dalla forza oscuratrice.

Se fosse, penserei nel triste addio

a quel tuo sguardo tenue

 

o come un giorno d’ombra nella luce,

al cuore dolcemente adolescente

per quel tuo ideale a lungo accarezzato

ma al tempo stesso vero.

 

  

Silfide

Nell’ombra annunciatrice del mio aroma

la fuga di una forma trasparente,

e in quella sua per me danzata sera

non so che nuovo o misterioso idioma.

 

Stregata apparizione

nel buio e tardo vento a scialleggiare

scoprivo in quei passaggi poco umani

lo stesso mio pensare…

 

D’insolita natura

al punto da sospingermi a tacere,

l’amica come forma, a sua insaputa,

del vago mio profilo.

Christiane Apprieux

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