Asterischi d’acqua

ASTERISCHI D’ACQUA                   

 

 

Presentazione

 

«Vado a vedere i confini della terra feconda,

l’Oceano, principio dei numi e la madre Teti…»

Omero, Iliade, XIV, 200-201

Versione di Rosa Calzecchi Onesti

 

 

 

            Il titolo di un argomento, di un libro o, in questo caso, di una rubrica che accoglierà brevi note, elzeviri, e altre rapide chiose inerenti a libri in cui il paesaggio, il viaggio, la riflessione, i luoghi mentali sono il tema principale della narrazione o della poesia è, dapprima una intuizione: qualcosa freme nella messa a fuoco del possibile orizzonte degli argomenti e invia una serie di associazioni verbali che iniziano a proporsi nella loro allusività, nel senso per il simbolico, nella disposizione alla metafora, considerato che il linguaggio declina una particolare propensione al metalinguaggio, alla liberazione dai «crampi mentali», dalla dominanza della logica. Si può, in seguito, arrivare ad accogliere l’idea insistente che poggia su due lemmi che si presentano, non solo agli antipodi per consistenza figurale, ma addirittura contraddittori, poiché staticità e fluidità mal si coniugano e occorre un’accensione inventiva, un sensibile pensiero immaginale, una disposizione metacreativa per assumere, invece, la polarità del sintagma Asterischi d’acqua quale connotazione della rubrica poetico–letteraria che Giancarlo Calciolari, fondatore e direttore del sito di cultura letteraria TRANSFINITO, ed io abbiamo ideato per avviare, da settembre, un florilegio di brevi scritti affine agli zibaldoni, all’andanza dei livre de chevet, alle pagine nate da studium e labor limae, alle pagine inattuali.

            Quale ragione regge l’espressione in cui si associano due termini che accentrano immagini moltissimo differenti e che, tuttavia, si attraggono in virtù della forza del particolare, dell’analogia, del non noto, di ciò che suscita interesse? Riteniamo che la ragione sia inerente alle dinamiche del pensiero: in primis una fine curiosità per ciò che si avverte carico di fascinazione; a seguire il desiderio di inoltrarsi, con modi vagamente simili all’ars inveniendi, nel labirinto di ciò che desta, e moltiplica, il senso del bello; la percezione che esista un oltre rispetto all’ordinaria sensazione di essere calati entro la bassura di giorni e compiti usuali; che è possibile avvistare falesie di pensiero meritevoli di essere mostrate, offerte, nonostante la perpendicolare arditezza, vertigine che si teme di avvicinare per una erronea concezione di letteratura: asterischi: forme grafiche rammemoranti piccole stelle, che dirigono l’attenzione sulla rilevanza, su qualcosa che merita di essere precisato, richiamato a ulteriore decifrazione o rimandato a momento più opportuno alla comprensione; segnali delle aure enigmatiche entro la narrazione, la versificazione che invitano allo svelamento, si dimostrano la chiave di volta per schiudere l’intimo del significante; d’acqua: simbolo per eccellenza della vita, la parola gode di interpretazioni innumeri; di argomentazione antica in ambito filosofico, collocata com’è nella sorte di principio di tutto; di proprietà alchemiche e spirituali; di connessioni, in ogni tempo, con i miti, il culto di tutti i popoli: presente in tutte le tradizioni di pensiero, l’archetipo acqua è di grande interesse in letteratura, arte, psicologia del profondo e, nel paradigma di “acque psichiche” – ossia forza e potenza creativa e distruttiva, anche in caso di stagnazione dell’inconscio – espressione del daimon della creatività.

            Ci sostiene nel decidere il titolo, la sua significanza, la scelta dei testi per questa rubrica–atlante,  una parola egregia e antica, dal tono liturgico, che allude a scelte originali, insolite, concertanti grazia; una parola che fu di Baldassarre Castiglione, assunta da Giacomo Leopardi, da Cristina Campo; una parola divenuta codice linguistico in certi personaggi letterari: sprezzatura, giacché ci è cara «la musica di una grazia interiore», la misura dell’«animo grande», «la graziosa enfasi dell’incuranza di sé», l’infinita diversità delle «cose schiave» mentre assistiamo al passaggio della stultifera navis che imbarca un mondo inchiodato alla supremazia dell’ordinario, all’orlo dello squilibrio che traduce la fisiologia della bruttura.

 

Adriana Gloria Marigo

 

 

 

«crampi mentali» : Iosif Brodskij, Profilo di Clio, Come leggere un libro, Adelphi, 2003

«la musica di una grazia interiore», «animo grande», «la graziosa enfasi dell’incuranza di sé»:

Cristina Campo, Gli imperdonabili, Con lievi mani, Adelphi, 1987

 

«cose schiave»: Maria Zambrano, Filosofia e poesia, Pendragon, 2010

 

 

 

 

 

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Henry D. Thoreau