La semiotica del vivente di Idolo Hoxhvogli

La comunità dei viventi, proprio per la lingua anomala e dissidente di Idolo Hoxhvogli, non è la comunità dei viventi. Non è nel vocabolario sociale che si è depositata, fissata e localizzata la comunità dei viventi, che resta un enunciato leggero nell’onda della vita dell’autore. Un enunciato che nell’arte della combinazione e della combinatoria linguistica intesse un palinsesto di questioni.

Nel discorso della storia umana, nell’alternanza e nell’alternativa fra la vita e la morte, i viventi sono assegnati al loro destino di viventi-morti e di morti-viventi, di padroni e di servi, di algebrali e di geometrali, di creativi e di decreativi, di operosi e di inoperosi, di benefici e di malefici, di ricchi e di poveri, di intelligenti e di idioti. Infinite le sfumature, i casi in cui si flettono, si piegano e si unificano i poli opposti del regno del nulla e del regno della morte.

I viventi, senza più che la vita sia convertibile con la morte, sono dispositivi nel gerundio della vita, della vivenza. Munis è il carico, la carica, sino alla munificenza. Ma non c’è nessun soggetto del carico. Chi si pensa incaricato si dissolve nell’autofagia dell’uroboro. Nessun portatore del carico: ovvero il carico non è doppio, non ha un sostrato, hypokeimenon, che lo determini, che lo incateni, che lo vincoli all’ingranaggio, che è sempre mortale. L’ipotesi della comunità come luogo comune è fatua: nessun insieme comune di portatori, che non sarebbero altro che portatori (soggetti) dell’Unico, amanti del tiranno, dhimmi dell’ossimoro, del socio unico dell’industria di vita.

La comunità dei viventi è il giornale di bordo di Idolo Hoxhvogli, il suo è il giornalismo, civile, il giornalismo scientifico, il giornalismo poetico, il giornalismo pragmatico. Molto più di un sofisma dell’epoca, come potrebbe essere “letteratura etica”: La comunità dei viventi è la lettera della testimonianza civile, assoluta. Condensazione assoluta, spostamento assoluto, trasposizione assoluta. I materiali, fra storia, filosofia, teologia, geografia, politica, non sono preda della città della tecnica e della macchina, che restano fatue.

Il ritmo di Idolo Hoxhvogli non è contenuto, non è imbrigliato, non è sostenibile e neanche insostenibile. È il ritmo che procede dall’anarchia della parola nella sua libertà. L’enigma non si toglie, non ha soluzione, non è il mistero della mistica, ovvero delle labbra chiuse.

La comunità dei viventi consta di 46 narrazioni e di una prefazione che vale come zero nella numerazione: è il lievito della vivenza che spinge oltre i battenti del paradiso, in direzione della cittadinanza planetaria. “Viaggiare è percorre l’invisibile che attraversa l’intero”. La narrazione per aforismi, per “brevità conclusiva” (Leonardo) è una costante di Idolo Hoxhvogli, che balza fuori dal cerchio magico e ipnotico delle “consolazioni dei catechismi secolari”, non accetta le dottrine misteriche del potere. Fra le virtù della parola: l’anarchia, l’ignoranza, la libertà, l’enigma, l’apertura.

La “semiotica del vivente” non è la semiologia della moratoria, delle tribù dei morenti, fra la morte del sole e la morte del clima, fra la morte degli uni e la morte degli altri.

La conclusiva brevità? «La salvezza collettiva sfocia in un pericolo individuale, costringe il soggetto a un’esistenza in contumacia». Le teorie della salvezza, a cominciare dal suo scriba sovrano, Paolo, sono convocate qui nella frase. La demonologia è fatua, nonostante i suoi gigantismi, le sue guerre colossali, le sue autofagie ciclopiche. L’esistenza è la fenomenologia della morte. Il fare non sottostà alla dicotomia bene/male.

Quando la comunità dei viventi è la comunità dei cittadini, è la cittadinanza, allora «c’è sempre un particolare, un dettaglio grazie al quale la distruzione non ha la meglio sulla comunità dei viventi». La vita è indistruttibile. La procedura per distruzione è fatua. La particolarità della vita esige la procedura per integrazione.

Nella scrittura di Idolo Hoxhvogli è in ballo la saggezza dell’esperienza, del viaggio, del gerundio della vita. Non è questione di Sophía, della saccenza universitaria e universale, che è fatua e presa nella parodia fra “Acchiappafantasmi” e “Decadenza ordinaria”, fra “Convertire l’assenza” e l’”Incarnazione ricorsiva”, per citare alcuni titoli delle perle de La comunità dei viventi.

Idolo Hoxhvogli non concorre per i masters of philosophy, non cerca il grosso pubblico e nemmeno la nicchia di salvataggio per i solitari imperterriti. La direzione della sua scrittura è intellettuale, sicura, felice. L’invidia e la calunnia non lo raggiungono e sono travolte e poi dissolte dall’oceano offerto da ciascun lessema del suo dizionario.  

La comunità dei viventi è anche un bel contributo alla cittadinanza planetaria.

 

 

Idolo Hoxvogli, La comunità dei viventi, Editrice Clinamen, 2023, pp. 57, € 13,90

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Antisemitismo “quasi” globale