Località di psicopompo

Vita contro cui franano ogni dominio e ogni impero. La vita è impadroneggiabile? La vita è incontrollabile? La vita è inconscia? La parola è inconscia? La linguistica di Freud (la materia freudiana) è la parola nella sua scienza? È il discorso di Freud, non senza terremoti e maremoti, in particolare la rimozione e la questione padre. Il discorso è la sostanza freudiana, l’edipismo tragico. L’indovinello da sciogliere: la morte alla morte. Tolta la linguistica della vita, il discorso è di morte e il soggetto la balla liturgicamente e cerimonialmente.

Chi mena la psicanalisi al suo termine è soggetto, lineare, circolare, quadratico, sferico, cubico, nastro di Möbius, bottiglia di Klein. Il discorso è officiato da pochi per molti. Senza il discorso gli psicopompi sparirebbero. Ogni psicoterapia è l’ultima: è quella da portare a termine, particolarizzando ogni soggetto, che in quanto “ogni” è uguale per l’appunto a “ogni” altro. Rimane lo psicoterapeuta come ultimo tiranno, più o meno buono, più o meno cattivo. È una psicanalisi impositiva: impone di passare clinicamente (accettazione e sottomissione alla clinica del discorso psicanalitico) per l’insieme delle funzioni che compongono l’economia soggettiva dell’inconscio. Se non impone il passaggio clinico (dalla piega del lettino alla piega dell’ospedale e anche dalle due pieghe) lo spettro è quello del disastro economico, dell’insurrezione soggettiva (la rivolta degli schiavi) e dell’inconscio né soggettivo né collettivo. Tale psicanalisi ha bisogno del soggetto (negli Stati Uniti della new psychoanalysis era l’ego, bersaglio di Lacan), e l’epoca predilige la topologia del soggetto. Il soggetto algebrale e geometrale. Topologia e morfologia del soggetto: è una fiaba il soggetto. Sempre una fake news. È la calunnia contro il dispositivo pragmatico, immunitario, poetico, politico, industriale.

La vita non è soggettiva, non è oggettiva, non è obiettiva. La vita non è economica: nessuna economia della vita, dell’oggetto e del tempo. Nessuna economia della relazione. La topologia facilitante la teoria è l’idealità totemica, si realizza al rovescio come morfologia che rende difficile la teoria quale idealità tabuica. E come afferma Jacques Lacan la psicanalisi dura quel che dura, non è la scienza della parola per il mago di 5, rue de Lille: l’approssimazione è il modo della vivenza psicoterapica. Una delle sue nozioni è la vicinanza: una zeppa ripetitiva anche del mago di Meßkirch. Solo per vicinanza ci sarebbe l’impredicatività degli elementi significanti che determinano la teoria, altrimenti la teoria e i suoi elementi significanti sarebbero impredicativi (nessuna logica predicativa) e indeterminativi. Perdere il “fossile” della determinazione nella miniera freudiana potrebbe portare al pericolo dell’invasione di “terre rare” dal comportamentismo e dal cognitivismo, ossia da altre forme di teosofia e teocrazia. In tal senso il ghénos della famiglia e lo hierós del gruppo restano inanalizzati nelle associazioni psicanalitiche.

L’elemento è linguistico: non è nominante, non è significante, non è cifrante. Nessuna alternativa e nessuna alternanza fra determinismo e indeterminismo sfiora l’elemento linguistico, che è libero, leggero, dissidente.

Quel che viene messo in evidenza resta oscuro: assicura e garantisce l’ottundimento, l’assenza di lucidità, nonostante lo sguardo penetrante, il punto di vista e il gioco dello specchio. L’unità e la differenza di ognuno consacrano il Golem come il soggetto diviso dell’inconscio: il doppio di due metà quale spettro attribuito al fratello negato. Il fratello ideale che non certifica il figlio incerto.

L’atto è di parola e non del discorso, nemmeno analitico. L’atto psicanalitico è un ossimoro: fatto psicanalitico è un pleonasmo. Il fatto discorsivo esige il soggetto e così il presunto atto analitico integra tutti (nulla gli sfugge) gli elementi funzionali della struttura soggettiva. Struttura soggettivante per i pochi psicanalisti e struttura assoggettante per i molti pazienti. Senza enfasi per nessun punto di vista. Sarebbe la calma fra la stretta cerchia degli oligarchi della psicanalisi. È temuto un nuovo messia, un nuovo Lacan. I trenta tiranni dell’Ortschaft “Atene” di Parigi annientano ogni trentunesimo. Come oggi un nuovo Cristo sarebbe un quidam.

Se il soggetto restringe i suoi punti di vista restringe pure i suoi interessi (intellettuali?): ecco allora l’interesse dello psicopompo di non restringere il punto di vista. Ogni restrizione su una parte della struttura soggettiva, che diviene prevalente a detrimento delle altre, produrrebbe un sintomo, un segno di malattia, di morte, di nulla. Allora niente prevalenza del cretino e niente detrimento dello stupido. Più nessuna produzione sintomale: l’homo duplex circola e circolando entra nel transfert anche bancario con lo psicoterapeuta-psicologo-psichiatra-psicanalista (homo quadratur), che tratta il sintomo in maniera di tenersi nello stesso transfert al di fuori di ogni punto di vista prevalente (quasi una rinuncia alla guerra inter-associativa psicanalitica). Lo psicoginnasta si tiene nella mobilità dei passaggi da un campo all’altro dell’esperienza. Eppure nessun campo dell’esperienza, nessuna località dell’esperienza, nessuna spazializzazione della relazione quale legame sociale intessuto fra infiniti campi sperimentali. Neanche la mobilitazione totale di Jünger e la paralisi totale di Heidegger tolgono al campo il suo centro del nulla e di morte. 

L’intellettualità non apparterrà mai alla ballata dello psicopompo.

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Intervista a Andrea Yaakov Lattes “Israele e la costituzione”

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Franco Volpi. Un heideggerismo italiano