«La ferita dell’eccesso»

L’estasi? Un mix di orrore e piacere

L’opera di Georges Bataille, uno dei più singolari scrittori del Novecento, ha posto da sempre problemi di lettura testuale e ipertestuale. Jacques Derrida scrive che “il filosofo è cieco di fronte al testo di Bataille”, e probabilmente è così in quanto si tratta di un testo a-kéfalos, privo di logos, perché colpevole della trasgressione suprema. Un saggio di Carlo Pasi da poco nelle librerie (La ferita dell’eccesso, Bollati Boringhieri, € 20) si avventura a esplorare la questione cruciale dello scrittore francese: che cos’è l’erotismo? A tutt’oggi constatiamo che non c’è chi ne sappia di più. Infatti, non c’è chi non ne parli dandolo per scontato, e immaginando che valga la sessualità, in un curioso miscuglio indifferenziato di sensualità, atto sessuale, amore e persino di masochismo e di sadismo. Quando Bataille scrive, c’erano già stati De Sade e Sacher Masoch, da cui Freud aveva ricavato queste due specifiche nozioni che però non bastavano più. Tra sadismo e masochismo occorreva introdurre la sessualità, e se l’erotismo di Bataille da un lato ne è la negazione, rimane pur sempre un tentativo di elaborare qualcosa di diverso. Nella celebre fotografia del suppliziato cinese (sottoposto al supplizio dei cento pezzi, riservato ai più infami criminali) donatagli nel 1925 dal dottor Adrian Borel, uno dei primi psicoanalisti francesi con cui aveva intrapreso delle conversazioni, lui vede qualcosa di diverso: nel volto straziato del condannato coesistono in modo conturbante l’orrore estremo e l’estasi erotica. Molti anni dopo, nell’Expérience intérieure, esplicitamente scrive: ”noi raggiungiamo l’estasi nella prospettiva della morte, di quel che ci distrugge”. Ed è con questa precauzione ermeneutica che occorre accostarsi alla lettura delle sue opere, come del resto alla lettura delle opere di De Sade.

Dopo l’intervento di Freud, sadismo e masochismo erano diventati come due sponde di un fiume, in mezzo alle quali Bataille cercava la sessualità e trova invece la palude dell’erotismo. Possiamo paragonare le due sponde all’Acheronte, dove l’erotismo può immaginare rappresentati i suoi mostri: su una di esse Caronte che frusta e aizza le anime in pena, come la recrudescenza delle passioni; sull’altra lo stesso Caronte, temibile vecchio con la barba bianca, come la senescenza delle passioni. Cosa è cambiato, dopo Bataille e la sua ricerca, per sessuologi, psicologi e psicoanalisti oggi grandi esperti che riempiono di consigli i giornali femminili? Non diremmo che il puritanesimo, che allora proibiva l’erotismo è lo stesso puritanesimo che oggi lo prescrive? Lo scrittore francese avanzava la coprofilia e la coprofagia, la dissacrazione e la profanazione del sacro. Sicché, dopo di lui, l’erotismo è diventato la sacralizzazione del profano.

Parigi era il teatro ideale. I latini aprono la via agli anglosassoni, finché anche Henry Miller giunge a Parigi per potere pubblicare il suo Tropico. Ma l’indagine di questo saggio, affrontando anche le tematiche filosofiche di Bataille, che ascolta le lezioni di Kojève insieme ai maitre à penser della capitale e si interessa a Nietzsche ed Hegel, ci porta a chiederci fino a che punto la filosofia non sia stata una scuola di formazione dei filosofi destri nel più sinistro erotismo. Ci sono stati, infatti, esempi di erotismo più efficaci della destra e della sinistra hegeliane, e dei lager di Stalin, dove i reclusi venivano torturati in un certo modo?

Grande spazio, nel saggio in questione, è dedicato all’Histoire de l’oeil, prima opera significativa, romanzo breve scritto nel 1928. “L’occhio” scrive Pasi “è per Bataille all’incrocio della seduzione e dell’orrore. La doppia scansione è iscritta nella struttura bipartita: il racconto e la sua interpretazione. Il testo, in prima persona, comprende infatti una parte narrativa (Récit) ove si espongono le esperienze erotiche dei giovani protagonisti e una zona analitica (Coincidences) in cui si risale alle loro radici fantasmatiche. Sono qui mesi a fuoco e svelati i grovigli inconsci all’origine stessa delle ossessioni sgranate poi nel racconto”. Di fatto, La storia dell’occhio è la rielaborazione e la trasposizione, in una vicenda parossistica, di alcuni eventi incisivi nella vita dell’autore, primo tra tutti la malattia del padre reso cieco, paralizzato e infine demente dalla sifilide, e i ripetuti tentativi di suicidio della madre. Lo stesso autore scrive nell’appendice: “Questi ricordi hanno perduto ormai, dopo tanti anni, il potere di commuovermi: il tempo li ha neutralizzati. Non hanno potuto ritrovare una vita se non in questa maniera deformata, irriconoscibile: avendo, nel corso della deformazione, rivestito un significato osceno”. E l’occhio che i protagonisti strappano dal cadavere di un prete, l’occhio che è il nucleo generatore del racconto, l’occhio-uovo, “cellula di orrori-piaceri ove la colpa, l’espiazione e il divieto tendono allo spasimo di un godimento che è lo strappo dei limiti dell’io” è quello che pende dal cranio spaccato del torero Granero, morto incornato in una celebre corrida svoltasi a Madrid il 7 maggio 1922 a cui lo scrittore aveva effettivamente assistito.

“Il prete accecato è il padre che non può più scrutare nelle colpe, inibire” scrive ancora Pasi “ l’occhio è la favola di un erotismo polimorfo, in cui è possibile il recupero della mitica fusione con la madre”. Ma “la fusione originaria si rivela impossibile, vive nell’appello di un fantasma, si tende in una favola. La fusione originaria è la morte. E l’occhio è la visione della morte. Nella seduzione e nell’orrore dischiude la nascita di una scrittura”.

La ferita dell’eccesso propone uno o più modi di lettura, complessi e audaci, del testo batailleiano, esplorandone i vari risvolti, anche quelli inerenti alla filosofia e all’economia. Proseguendo la lettura, ci imbattiamo in quelli che Bataille chiama “tableaux hétérologiques”, “quadri eterologici”, in cui affronta una serie di temi cruciali dell’esperienza, dalle problematiche interne a carattere psicoanalitico ad altre più generali a carattere storico e antropologico. Logica o logica pretesa? Pretesa di una logica dell’éteros. E cos’è questo éteros che non dà pace a Bataille? E’ forse “altro”, per uno scrittore, la filosofia? E’ altra l’economia, che viene analizzata ne La parte maudite nei termini di produzione e consumi dove si giunge alla teorizzazione della dépense cosmica, della necessità del dispendio ovvero dell’arte, della poesia e del lusso? Si tratta di intendere di quale economia si parli. Economia psichica? Dobbiamo evidentemente riconoscere che questa economia del dispendio non è per nulla fantastica. Quanto all’economia comunemente intesa, possiamo parlare di una previsione azzeccata. E’ palese, oggi, nei paesi avanzati, questa economia degli esuberi negati, dei raccolti distrutti, dei coltivatori e degli allevatori pagati per non coltivare e non allevare.

Perché dunque “quadri eterologici”? Mentre la pittura delle avanguardie abbandona il figurativo, cioè abbandona il quadro, Bataille ci dà invece i suoi quadri. Ma scritti, non dipinti come il Coup de des. Quadri dell’éteros. La funzione dell’altro è stata da sempre quella di terzo, e dunque altra economia, altra filosofia per Bataille. Per l’erotista, il terzo nel partouze. E invece l’occhio non consente più di localizzare il terzo. Nell’Histoire de l’oeil, Bataille introduce l’occhio proprio perché non si possa più stabilire dove sta lo sguardo. Resta lo sguardo del lettore e quello del protagonista maschile della vicenda che guarda la donna, padrona della scena e istigatrice. Tra le sue insenature, sacrate fino ad allora all’adorazione dello sguardo, lei si balocca e si occlude con un occhio senza sguardo.

 (Testo pubblicato su “Il Piccolo di Trieste”)

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